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There are many Venices. There is Canaletto's Venice, there is Guardi's Venice. And there is the city of Turner, Ciardi, Fragiacomo, Marius Pictor, Guidi, Dufy, De Pisis, Kokoschka, Meloni, even Steinberg. And there is the Venice of Liselotte Höhs. Venice is unique in the world for its extraordinary capacity of not being one, but many cities at one and the same moment. A sort of miracle? Exactly. Here we have the Venice of Liselotte Höhs. Which has not been invented by her. But it exists. Except that no one had seen it before her. Or rather, many of us had seen it, had secretly delighted in it, perhaps we had even lost our heads to it. But no one had been able to express it, to put it on record and transmit it to others. What kind of Venice is it? Is it sad or happy? It is happy, lively, uproarious, mad, it resembles a fairy tale, a pastry shop, a processione of saints, a childen's game, the nostalgia of grandmother, a wedding present, a mirage, the celebration of a patron saint, the landscape glimpsed through a grille by a sinful nun, a forest of tabernacles, the wishful thoughts of the morning, the memory of love, palisade of dreams. Seeing Liselotte Höhs Venice is neither easy nor frequent. But it happens occasionally. It happened to me. I received a great impression. I almost could not believe it. The first time was on a windy day, March 1957, I was at a window in my hotel room watching the spectacle of the unique city; the phone rang, I went to answer it, there was no one at the other end. But from some far-away barracks, which perhaps did non even exist, there came the white and pink sound of a fanfare. The second time was yesterday morning. But, you will say, it was raining, how was that possible? Of course, it was raining. And then the sun came back and stones sent out delicate and resplendent colours, there were mirrors, jewels and seashells, flags, clouds, a delightful taste, fairy kingdoms... For so many years I had been waiting for you.

Dino Buzzati


Ci sono moltissime Venezie. C’è quella di Canaletto, c’è quella di Guardi, ci sono le Venezie di Turner, di Ciardi, di Fragiacomo, di Marius Pictor, di Guidi, di Dufy, di De Pisis, di Kokoschka, di Meloni, di Steinberg per no. Tutte Venezie diverse, nessuna si assomiglia. E c’è anche la Venezia di Liselotte Höhs. Venezia è unica al mondo proprio per questa sua facoltá straordinaria. Di non essere una, ma di essere moltissime cittá nello stesso momento. Non è che cambi di ora in ora, di fare questo sono buoni tutti. Venezia non cambia, eppure nel medesimo istante, ciascun uomo attraversandola, vivendoci, lavorandoci, passeggiandoci, mangiandoci, amandoci, vede una cosa diversa. Una specie di miracolo? Esattamente. Ecco qui la Venezia di Liselotte Höhs. La quale non è stata inventata da lei. Ma esiste. Solo che nessuno prima di lei l’aveva vista. O meglio, molti, di noi l’avevano vista, e ne avevano segretamente goduto, e forse ci avevano addirittura perso la testa. Ma nessuno era riuscito a dirla, a esprimerla, a codi carla, a trasmetterla agli altri. Che Venezia è? È triste o allegra? È allegra, è viva, è strapitosa, è folle, assomiglia a una favola, a una pasticceria, a una processione di santi, a un gioco di bambini, a una nostalgia della nonna, a un regalo di nozze, a una fata morgana, a una festa del patrono, al paesaggio intravisto attraverso le grate della monaca peccatrice, a una selva di tabernacoli, ai desideri del mattino, a un ricordo d’amore, a una palizzata di sogni. Non è facile ne frequente vedere la Venezia di Liselotte Höhs. Però alle volte capita. A me è capitato. Ne ricevetti una grande impressione. Quasi non ci credevo. La prima volta era una giornata di vento, marzo 1957, io stavo al davanzale della camera d’albergo, a rimirare quello spettacolo unico, nella cittá unica al mondo, suonò il telefono, andai a rispondere, non c’era nessuno. Ma da una caserma lontana, che forse non esisteva neppure, giunse un suono bianco e rosa di fanfara. E la seconda volta è stata ieri mattina. Ma pioveva, voi direte, com’è possibile? Certo, pioveva. Ma poi tornò il sole e le pietre mandarono luci e colori delicati e fulgenti, furono specchi, gioielli e conchiglie, bandiere, nuvole, buon sapore, regge fatate, ti aspettavano da tanti anni.

 

Ultimo aggiornamento: 01-12-09